Con discopatia si intende una generica sofferenza e alterazione del disco intervertebrale, il cuscinetto interposto tra una vertebra e l’altra che ha lo scopo di ammortizzare i carichi e facilitare il movimento.
La colonna vertebrale nel suo insieme, sul piano sagittale, è composta da 4 curve, la curva sacrale: è rigida in quanto le vertebre sacrali sono fuse tra loro; è una curva a concavità anteriore. La lordosi lombare a concavità posteriore, la cifosi dorsale a convessità posteriore e infine la lordosi cervicale a concavità posteriore. Queste curve servono per ammortizzare i carichi, questo sistema di curve, infatti, aumenta in modo esponenziale la resistenza dinamica della colonna alle compressioni assiali. Questa resistenza è anche in relazione con l’armonia di queste curve, il raggio di curvatura non deve essere ne troppo ne troppo poco. Se c’è un alterazione di queste curve (verticalizzazione, inversione) questo sistema di ammortizzamento viene meno e il disco intervertebrale si troverà a sopportare un carico maggiore, andando incontro con il tempo a sofferenze(discopatie), che potranno evolvere in degenerazioni discali, protrusioni, fino all’erniazione.
Struttura del disco intervertebrale:
il disco è formato da due parti distinte. Una parte centrale il nucleo polposo, è una sostanza gelatinosa costituita per l’88% di acqua e chimicamente costituito da una sostanza fondamentale a base di mucopolisaccaridi. All’interno del nucleo non vi sono ne vasi ne nervi.
Una parte periferica l’anulus fibroso formato dalla successione di strati fibrosi concentrici.
Il nucleo polposo durante la stazione eretta, quando è sottoposto ad una pressione, tende a cedere acqua che viene assorbita dai corpi vertebrali. Quando questa pressione statica viene mantenuta tutto il giorno alla sera il nucleo si troverà nettamente meno idratato che al mattino, ne deriva che il disco ha ridotto sensibilmente il suo spessore. All’opposto durante la notte, in posizione sdraiata i corpi vertebrali non sono più gravati dalla pressione assiale dovuta al peso del corpo, ma sottoposti unicamente al tono muscolare. In questo periodo il nucleo attira l’acqua che passa dai corpi vertebrali al nucleo che riacquista cosi il suo spessore iniziale.
L’ esame diagnostico utile a valutare lo stato dei dischi intervertebrali è la risonanza magnetica con la quale si vede lo stato di idratazione dei dischi, eventuali compressioni o erniazioni. Spesso sui referti si trova scritto il termine ‘discopatia’, questo indica una sofferenza aspecifica del disco intervertebrale che spesso è alla base di un dolore della colonna vertebrale; questo termine però non deve allarmare in quanto questa diagnosi è abbastanza vaga e imprecisa. Diverso è il discorso se si parla di protrusione, erniazione, etc.
Con il passare degli anni i dischi si disidratano e diminuisce la loro funzione di ammortizzatori. Le conseguenze di una discopatia sono legate appunto alla riduzione della capacità ammortizzante del disco e alla contemporanea perdita dei normali rapporti tra una vertebra e l’altra, l’insieme di questi processi può favorire l’erniazione discale e con il tempo portare alla comparsa di artrosi vertebrale. Queste anomalie possono irritare le strutture muscolari e nervose adiacenti scatenando il dolore. Anche se il mal di schiena è il sintomo più comune associato alla discopatia, nella maggioranza dei casi la patologia decorre in modo del tutto asintomatico.
La terapia di una generica discopatia è basata sulla fisioterapia: mobilizzazioni, chinesiterapia, rieducazione posturale etc.
Un discorso a parte meritano le ernie discali: una delle soluzioni speso proposte è l’intervento chirurgico che avrebbe il vantaggio di risolvere in breve tempo la sintomatologia.
Lo studio del 1983 di Henrik Weber su 280 pazienti visitati dopo 1, 4 e 10 anni dalla diagnosi di ernia dimostrò però come i risultati sul lungo termine fossero più soddisfacenti ei pazienti per quali si era scelta un trattamento conservativo. Del resto altri studi dimostrano come il quadro clinico di pazienti cui sia stata diagnosticata un’ernia migliorano nella maggior parte dei casi spontaneamente in 4-6 settimane dall’insorgenza dei sintomi e, altri studi confermano come un 20-30% di pazienti asintomatici di età inferiore ai 60 anni evidenzia alla risonanza magnetica un’ernia lombare.
La maggioranza degli operatori del settore è quindi concorde che in caso di ernia del disco ci sia indicazione chirurgica solo laddove:
- il trattamento conservativo sia fallito;
- nonostante questo il paziente sia soggetto a sciatalgia ricorrente;
- il deficit motorio sia veramente significativo;
- ci siano i sintomi della sindrome della cauda equina (ritenzione/incontinenza urinaria, incontinenza fecale, disfunzione erettile…)
Scegliendo quindi un approccio conservativo all’ernia discale ci si può avvalere dell’aiuto della fisioterapia per superare l’episodio algico. A partire dai primi giorni quando accanto ad eventuali analgesici e il riposo istintivamente cercati e, a volte “autoprescritti” dal paziente, ci si può avvalere dell’aiuto di massoterapia decontratturante/ reflessogena, di esercizi e posture antalgici (McKenzie), di sostegni lombari per poi passare alla rieducazione posturale (Souchard, Mézieres, Wellback…) e alla back-school. Il nostro staff si avvale di professionisti specializzati nelle varie metodiche e capaci di consigliare dopo una prima valutazione il percorso più indicato,
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