La parodontologia è quella branca odontoiatrica che studia i tessuti del parodonto e le patologie ad esso correlate. Il parodonto è costituito da 4 tessuti: gengiva, legamento parodontale, cemento radicolare e osso alveolare (Fig.1).
Fig.1 – Anatomia del parodonto
La gengiva si suddivide in libera ed aderente (macroscopicamente la gengiva aderente è quella vicino alla corona del dente ed ha un colore rosaceo mentre quella libera si trova più lontana dal dente ed ha un colore più scuro). Le patologie parodontali iniziano da un’infiammazione della gengiva per poi proseguire in profondità qualora non si intervenga. Il cemento radicolare riveste la superficie radicolare del dente. Il legamento parodontale è una sorta di cuscinetto che è situato tra osso alveolare e cemento radicolare e funge da ammortizzatore durante la masticazione. Infine l’osso alveolare è il tessuto che costituisce l’alveolo ossia lo spazio in cui è collocato il dente. Nel caso in cui la salute dei tessuti appena descritti viene compromessa si parla di malattia parodontale (detta volgarmente “piorrea”)
Incidenza: la malattia parodontale è una patologia molto diffusa nella popolazione mondiale. Si calcola che almeno 10 milioni di italiani soffrano di tali malattie dopo i trenta anni di età. Tipicamente il maggior grado di incidenza si ha dopo i 50 anni di età. Tuttavia esistono delle forme di malattia parodontale che insorgono in età infantile e dal decorso aggressivo generalmente di natura genetica che portano ad una rapida distruzione dei tessuti di sostegno del dente e richiedono un intervento immediato per prevenire la perdita degli elementi dentali. Si tratta, per fortuna, di casi estremamente rari. Colpisce entrambi i sessi ed esistono fattori predisponenti la malattia come malposizioni dentarie, igiene scadente e soprattutto fumo di sigaretta. La malattia parodontale è una malattia molto lenta nel suo decorso ma inesorabile (nel senso che ha una progressione continua nel tempo). E’ stato inoltre dimostrato che la malattia parodontale può avere ripercussioni sulle condizioni di salute generale del paziente in presenza di talune patologie. Ad esempio nei diabetici è stato visto che la malattia parodontale può portare ad un cattivo controllo metabolico della malattia. Anche in pazienti con malattie cardiovascolari (endocardite pregressa o portatori di valvole cardiache) esiste un aumentata incidenza di disturbi cardiocircolatori. E’ stato anche dimostrato che nelle donne in gravidanza esiste un aumento del rischio di aborto spontaneo o di parto prematuro o di peso insufficiente del nascituro. Da tutto questo si evince come la salute parodontale sia importante non solo a livello locale ma anche per mantenere delle condizioni generali nella norma.
Eziologia: la malattia parodontale viene provocata da batteri normalmente presenti nella placca batterica (si tratta di batteri tipicamente anaerobi ossia che vivono in assenza di ossigeno) ma che, in condizioni particolari, prendono il sopravvento sulle altre specie batteriche provocando la malattia. Generalmente quando si ha un insulto batterico ai tessuti gengivali si genera una risposta infiammatoria da parte dell’organismo che ha lo scopo di contenere e risolvere l’attacco. Se le difese dell’organismo hanno il sopravvento sulla placca batterica allora si ristabilisce una condizione di salute. Se invece la placca batterica risulta particolarmente aggressiva (ricca di batteri anaerobi) o le difese dell’organismo risultano carenti allora la malattia parodontale prosegue. Quindi i batteri responsabili della malattia parodontale sono quelli presenti normalmente nella placca ma che in particolari condizioni (scarsa igiene, difese immunitarie carenti etc.) prendono il sopravvento sulle altre specie e causano la distruzionedei tessuti di supporto. In realtà è stato dimostrato che il danno viene provocato principalmente dalle difese dell’organismo e non direttamente dai batteri.
Manifestazioni: la malattia parodontale si manifesta con vari gradi di alterazioni della normale salute dei tessuti di supporto. Inizia con un’infiammazione localizzata alle gengive (si parla di gengivite) per poi proseguire in profondità ad interessare gli altri tessuti del parodonto (osso, legamento e cemento). In questo caso si parla di parodontite (volgarmente detta “piorrea”). La gengivite si manifesta con un cambiamento di colore delle gengive (che da rosa diventano di un colore rosso porpora) accompagnato da sanguinamento (spontaneo o in seguito a spazzolamento) e gonfiore. Tipicamente non c’è dolore. Se non si interviene vengono coinvolti i tessuti più in profondità che vengono lentamente ma inesorabilmente distrutti dai batteri (Fig.2-3).
Fig.2 – Malattia parodontale connotevoli accumuli di placca
Fig3 – Accumulo di tartaro in zona linguale
Man mano che l’infiammazione prosegue si possono manifestare due differenti quadri patologici:
- Recessione gengivale: le gengive si ritirano e si espone la superficie radicolare del dente. I denti appaiono “più lunghi” del normale e può presentarsi anche una sensibilità aumentata al freddo dovuto al fatto che la radice del dente non è protetta dallo smalto per cui diviene molto sensibile. Questo quadro generalmente è irreversibile in quanto le gengive non torneranno più alla loro posizione originaria se non con interventi di chirurgia gengivale. Un parziale recupero si può ottenere ma la situazione normale non potrà essere raggiunta. In questo caso il sondaggio parodontale è normale. Questo quadro si verifica tipicamentein quei pazienti caratterizzati da un biotipo gengivale sottile (significa che i tessuti gengivali sono molto sottili).
- Tasca parodontale: in questo caso si forma una vera e propria “tasca” tra dente e gengiva che si sviluppa in profondità nella quale si accumulano batteri anaerobi che continuano la distruzione parodontale. In questo caso il sondaggio parodontale è patologico in quanto inserendo la sonda nel solco gengivale si ottiene una misurazione elevata (> 4mm). Questo quadro si verifica tipicamente in soggetti con biotipo gengivale spesso (significa che i tessuti gengivali sono spessi).
Se non si interviene con delle sedute di igiene professionale ed eventualmente con delle levigature allora la patologia si estende ulteriormente portando ad un interessamento delle forcazioni nei denti posteriori (la forcazione è lo spazio tra le radici dei denti), aumentata mobilità e infine perdita dell’elemento dentario. Tipicamente nella malattia parodontale si manifesta alitosi.
Quadri particolari
- Gengivite gravidica: è una forma di gengivite che si manifesta durante la gravidanza dovuta alla produzione ormonale (estradiolo, estriolo e progesterone) tipica della maternità. L’infiammazione gengivale che origina dalla placca è aggravata da questi cambiamenti ormonali nel corso del secondo e terzo trimestre di gravidanza. Colpisce dal 35 al 100 % delle donne. Le gengive si arrossano e risultano gonfie. E’ un quadro che si risolve dopo il parto.
- Gengivite ulcero-necrotica (Fig.4-5): si tratta di una forma particolarmente aggressiva di parodontite caratterizzata da intenso dolore, sanguinamento, rapida distruzione parodontale, necrosi dei tessuti con formazioni di ulcere. Le gengive si ulcerano e tipicamente vengono colpite inizialmente le papille interdentali che vengono distrutte dai batteri. In seguito la distruzione si estende ai tessuti gengivali limitrofi. Dopo vengono coinvolti anche i tessuti in profondità. Il decorso è molto rapido e spesso bisogna ricorrere a terapie aggressive per ristabilire una condizione di salute parodontale anche se le sequele sono tipiche. Colpisce tipicamente nei paesi in via di sviluppo a causa della malnutrizione e conseguente dieta povera di proteine (soprattutto bambini). Anche la scarsa igiene orale, difese immunitarie carenti e soprattutto il fumo di sigaretta rappresentano importanti fattori per l’insorgenza di tale patologia. Il trattamento comprende istruzioni di igiene orale, pulizia meccanica dei denti e una terapia antimicrobica a livello sistemico. Inoltre risulta necessaria la rimozione dei tessuti necrotici.
Fig.4 – Gengivite ulcero necrotica
Fig.5 – Distruzione delle papille
Fumo di tabacco
Il fumo di tabacco è un’abitudine molto diffusa e le sigarette rappresentano il principale prodotto per fumare il tabacco. Il fumo si associa ad un’ampia gamma di patologie,inclusi ictus, le malattie coronariche, le patologie arteriose periferiche, l’ulcera gastrica eil cancro della bocca, della laringe, dell’esofago,del pancreas, della vescica e della cervice uterina. E’ inoltre una delle cause principali di malattia polmonare cronica ostruttiva e un fattore associato a basso peso del neonato alla nascita. Circa il 50% degli individui che fumano regolarmente muore a causa di tale abitudine e il fumo provoca il 30% delle morti per cancro.
Il fumo di sigaretta è una miscela molto complessa di sostanze, con oltre 4000 costituenti noti. Questi comprendono il monossido di carbonio, il cianuro di idrogeno, radicali reattivi ossidanti, un alto numero di agenti cancerogeni e la principale molecola psicoattiva e responsabile di dipendenza, la nicotina. Molte di queste componenti potrebbero modificare la risposta dell’ospite alla parodontite.
In studi effettuati è stato visto che i fumatori presentano livelli più alti di parodontite, associati però a livelli più bassi di igiene orale e a livelli più alti di tartaro. Altri studi hanno dimostrato che i fumatori sono più colpiti dalla malattia parodontale indipendentemente dallo stato di pulizia della bocca. Riassumendo i vari studi e confrontando i fumatori con i non fumatori, i primi presentano:
- Profondità superiori al sondaggio e un numero maggiore di tasche profonde
- Una perdita maggiore di attacco, incluso un grado maggiore di recessione gengivale
- Una perdita maggiore di osso alveolare
- Una perdita maggiore di denti
- Un livello minore di gengivite e di sanguinamento al sondaggio
- Un numero maggiore di denti con coinvogimento delle forcazioni
Il fatto che i fumatori vadano incontro più frequentemente alla malattia parodontale rispetto ai non fumatori è dovuto agli effetti che il fumo ha sia sulla placca batterica sia sulla risposta dell’ospite.
Effetti sulla placca batterica: i fumatori possono presentare livelli superiori di placca rispetto a chi non fa uso di tabacco. Inoltre diversi studi hanno evidenziato che nei fumatori è presente un numero maggiore di specie batteriche associate alla parodontite rispetto ai non fumatori.
Effetti sulla risposta dell’ospite: il fumo esercita notevoli effetti sul sistema immunitario e su quello infiammatorio. Chi fuma presenta un innalzamento del numero dei leucociti presenti nella circolazione sistemica ma un numero minore di cellule in grado di migrare all’interno del solco/tasca gengivale. Vi è infatti un’inibizione diretta delle funzioni difensive dei neutrofili e dei macrofagi. Sembra che il fumo incida anche sulla funzionalità dei linfociti T e B, determinando una mancata risposta a livello funzionale delle cellule T. Inoltre il fumo provoca una riduzione di tutte le classi di anticorpi escluse le IgE.
Effetti sulla guarigione e sulla risposta al trattamento: il fumo è stato identificato come importante causa di alterazione della guarigione in chirurgia ortopedica, chirurgia plastica, chirurgia impiantare dentale e in tutte le modalità di trattamento parodontale. Nel trattamento non chirurgico della malattia parodontale il fumo è associato a una minore riduzione della profondità delle tasche.
Diagnosi
La diagnosi in parodontologia rappresenta il primo passo per poter impostare la giusta terapia. I due strumenti principali di cui ci si serve sono: sondaggio parodontale e esame radiografico. Il sondaggio viene effettuato con una sonda parodontale millimetrata a punta smussa che viene inserita delicatamente nel solco gengivale al fine di ottenere una misurazione della profondità di sondaggio. Tipicamente nella malattia parodontale si ha perdita di attacco e formazione di tasche per cui il valore in millimetri risulterà aumentato in presenza di piorrea. Generalmente valori fino a 3 mm sono da considerarsi nella norma mentre dai 4 mm in su la situazione è patologica. Il sondaggio viene fatto per ogni dente e per ogni dente vengono esaminati 3 punti sulla faccia esterna del dente e 3 punti per quella interna. Quindi otterremo un totale di 6 misurazioni per ogni dente esaminato. Infatti la malattia parodontale non è localizzata in maniera costante su tutti i denti ma vi possono essere marcate differenze tra un dente e l’altro e addirittura tra diversi punti dello stesso dente. L’esame radiografico per eccellenza in parodontologia è il full endorale (Fig.6 e 7) in quanto consente di vedere chiaramente e dettagliatamente tutte le strutture di sostegno del dente ed individuare situazioni patologiche. Consiste in una serie di piccole lastrine endorali (in genere 18-20) che vengono effettuate direttamente in studio con un’apparecchiatura apposita e che vengono realizzate in modo da “fotografare” tutti gli elementi dentari e i tessuti che li circondano. Tale esame permette di rinvenire patologie a carico dell’osso alveolare che circonda il dente.
Fig.6 – Full Endorale
Fig.7 – Particolare di una lastrina che evidenzia perdita ossea a livello degli incisivi
Da un accurato esame si possono ottenere quadri differenti di gravità via via crescente:
- Gengivite: si usa questa diagnosi se una o più unità gengivali intorno ad un determinato dente sanguinano durante il sondaggio. Non sono presenti tasche e l’esame radiografico è normale.
- Parodontite lieve: la misurazione della profondità delle tasche e l’esame radiografico indicano una perdita uniforme dei tessuti di sostegno che non supera un terzo della lunghezza della radice. E’ presente inoltre sanguinamento al sondaggio.
- Parodontite grave (avanzata): in questo caso la perdita dei tessuti di sostegno che supera un terzo della lunghezza della radice. E’ presente sanguinamento al sondaggio.
Dopo aver esaminato i tessuti parodontali si deve valutare anche l’igiene orale del paziente, registrando l’assenza o la presenza di placca su ciascuna superficie dei denti. Oltre alle valutazioni proprie della placca, dovrebbero essere identificati e riportati nella cartella parodontale anche i fattori di ritenzione della placca, come il tartaro sopra- e sottogengivale, i margini difettosi di ricostruzioni dentali etc.
Trattamento
Il trattamento parodontale ha lo scopo ultimo di eliminare l’infezione causata dai batteri ed in particolare gli obiettivi da raggiungere sono:
- Riduzione o eliminazione della gengivite
- Riduzione della profondità delle tasche al sondaggio
- Eliminazione delle forcazioni coinvolte
- Estetica e funzionalità soddisfacenti per ogni paziente
Si può suddividere in tre fasi: terapia iniziale causale (ovvero mirata alle cause e quindi rimozione e controllo della placca batterica), terapia aggiuntiva (fase correttiva) e terapia parodontale di supporto (terapia di mantenimento).
Terapia iniziale causale: ha lo scopo di rimuovere o controllare l’infezione causata dalla placca e consiste:
- Istruzioni sull’igiene orale
- Detartrasi e levigatura delle radici
- Ricostruzione delle lesioni cariose
- Eventuali terapie endodontiche
- Eventuali estrazioni
La prima fase della terapia causale consiste nella detartrasi o ablazione del tartaro sopra- e sottogengivale (Fig.8). Viene praticata con strumenti ultrasonici in grado di disgregare il film batterico e il tartaro dalla superficie dei denti. Lo strumento, grazie al liquido che viene attivato dagli ultrasuoni, porta ad un ottima eliminazione del tartaro e della placca. Vi può essere una sensibilità durante il trattamento e immediatamente dopo che cessa nel giro di qualche giorno. Questa è dovuta al fatto che una volta rimosso il tartaro dalle superfici del dente viene esposta la superficie radicolare del dente, che risulta quindi sensibile. La seduta dura circa un’ora e dopo si avverte subito una sensazione di pulizia del cavo orale. Nella prima seduta vengono anche spiegate le istruzioni di igiene orale.
Fig.8 – Detartrasi
Nel caso in cui già al sondaggio si era riscontrata la presenza di tasche parodontali, dopo la prima seduta di detartrasi, si procederà alla fase delle levigature radicolari o scaling (Fig.9). La levigatura radicolare consiste nel “grattare” la superficie radicolare del dente con strumenti detti curettes che vengono inseriti nella tasca parodontale e rimuovono il tartaro e la placca dalla superficie radicolare del dente. Inoltre rimuovono il tessuto infiammatorio che costituisce la tasca. Le sedute di levigatura vengono suddivise in 4 appuntamenti durante i quali vengono trattati un quadrante della bocca per ogni seduta (emiarcata superiore destra, emiarcata superiore sinistra, emiarcata inferiore destra e emiarcata inferiore sinistra). Ogni seduta ha una durata di circa 45 minuti. Le levigature vengono effettuate sotto anestesia locale e i fastidi post terapia sono generalmente minimi o nulli.
Fig.9 – Levigatura radicolare
Dopo la prima fase della terapia si attendono circa due mesi per poi procedere ad una rivalutazione della situazione parodontale. Nella maggioranza dei casi, se il paziente segue scrupolosamente le istruzioni di igiene orale, la malattia può essere tenuta sotto controllo senza ulteriori problemi. Tuttavia è necessario che il paziente si sottoponga a periodiche visite di controllo e di mantenimento.
Nel caso in cui i risultati sperati non arrivino, si può procedere alla seconda fase della terapia (fase correttiva): si provvederà all’estrazione degli elementi non più conservabili, ad un trattamento endodontico aggiuntivo, alla chirurgia parodontale (solo in quelle aree in cui le procedure di scaling e levigatura radicolare non hanno avuto effetto), all’inserimento di impianti dentali. La chirurgia parodontale comprende tutta una serie di procedure chirurgiche atte alla rimozione del tessuto infiammato e al ristabilimento di condizioni anatomiche sfavorenti l’accumulo della placca.
Una volta completata la terapia iniziale e la terapia aggiuntiva,il paziente deve essere sottoposto a visite di richiamo (terapia di mantenimento) il cui scopo è prevenire eventuali recidive della malattia. Generalmente tali visite vengono programmate ogni 3-4 mesi. Durante le visite di richiamo si dovrebbe procedere a: valutazione dello standard di igiene orale e rimozione meccanica del tartaro con lucidatura dei denti.
Autocontrollo della placca
Come è stato ampiamente detto, la placca rappresenta la causa principale della malattia parodontale e quindi le tecniche atte a rimuoverla rappresentano il fattore più importante per prevenire l’insorgenza della patologia e una volta instauratasi, per impedirne la progressione. Le procedure attuate per controllare la placca sono essenzialmente due: l’uso dello spazzolino da denti (Fig.10) e del filo interdentale. L’efficace rimozione della placca legata all’uso dello spazzolino da denti è dovuta a tre fattori principali: forma dello spazzolino, capacità propria di ogni individuo di usare lo spazzolino, frequenza e durata di utilizzo dello spazzolino. E’ assolutamente sconsigliato l’uso dello spazzolino con tecnica orizzontale e per una durata inferiore ai due minuti.
Fig.10 – Lo spazzolino deve essere usato almeno 2 volte al giorno per circa 2 minuti
Uno spazzolino ideale dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche:
- Dimensioni del manico adatte all’età e alla perizia dell’utilizzatore
- Dimensioni della testa conformi a quelle della bocca del paziente
- Impiego di filamenti di nylon o di poliestere con estremità arrotondate e di diametro non superiore a 0,23 mm
- Utilizzo di configurazioni morbide delle setole
- Modalità di disposizione delle setole che favoriscono la rimozione della placca negli spazi interdentali e lungo la linea gengivale
La tecnica di spazzolamento consigliata è anche detta “dal rosso al bianco”: in pratica bisogna posizionare lo spazzolino a 45 gradi verso la superficie gengivale (il rosso) e nel farlo ruotare delicatamente verso il dente (il bianco). Questo deve essere ripetuto per ogni dente e anche nella superficie interna del dente. Lo spazzolamento deve ovviamente interessare anche le superfici occlusali dei denti. La durata deve essere di almeno 2 minuti almeno due volte al giorno. Bisogna sostituire lo spazzolino quando le setole cominciano a piegarsi indipendentemente dal tempo di utilizzo. Gli spazzolini elettrici rappresentano una valida alternativa soprattutto per i portatori di handicap e per le persone con poca destrezza manuale. Da studi è stato dimostrato che uno spazzolino elettrico rimuove più placca di uno manuale a parità di tempo di spazzolamento. Tuttavia il solo spazzolamento dei denti non è sufficiente a controllare efficacemente la placca interdentale per cui si rende necessario il ricorso al filo interdentale (Fig.11). Il filo, se usato correttamente, è in grado di rimuovere fino all’80% della placca interdentale e anche della placca sottogengivale in quanto può essere introdotto fino a 3 mm al di sotto della punta visibile della papilla. E’ presente in versione cerata e non cerata ma non vi è differenza sulla capacità di rimozione della placca.
Fig.11 – Filo interdentale
Un altro mezzo per la rimozione della placca interdentale è lo spazzolino interprossimale (detto scovolino) disponibile in varie misurazioni contraddistinti da un colore diverso del manico (Fig.12). Vanno scelti in modo da adattarsi quanto più possibile agli spazi interdentali di ogni singolo individuo. Rappresentano lo strumento ideale quando gli spazi interdentali sono abbastanza “aperti” in cui le superfici radicolari presentano concavità o solchi o nel caso di difetti di forcazione da parte a parte o al di sotto di ponti dentali.
Fig.12 – Scovolino interdentale
Presidi aggiuntivi: comprendono i dispositivi di irrigazione dentale, i raschietti linguali e i dentifrici. I primi sono progettati per rimuovere la placca attraverso l’azione meccanica di un getto d’acqua. Risultano particolarmente utili in caso di presenza di ponti fissi o di apparecchi ortodontici che rendono difficile il corretto uso dei dispositivi di pulizia interdentale. Il dorso della lingua contiene un gran numero di microrganismi che possono disseminarsi ad altre parti del cavo orale. Per questo motivo si è sostenuto che lo spazzolamento linguale debba far parte dell’igiene orale domiciliare quotidiana potendo contribuire alla riduzione di quello che viene considerato come un potenziale serbatoio di microrganismi che contribuiscono alla formazione della placca. Inoltre dai depositi batterici presenti sul dorso della lingua può avere origine l’alitosi. Perciò l’utilizzo di raschietti linguali dovrebbe essere raccomandato. Il dentifricio, infine, viene comunemente usato insieme allo spazzolino per facilitare la rimozione della placca e per applicare agenti chimici a scopo terapeutico e preventivo sulla superficie dei denti. Ad esempio l’aggiunta di sostanze abrasive semplifica la rimozione della placca e di macchie superficiali. Nelle paste dentifricie presenti in commercio sono presenti comunemente i fluoruri con lo scopo primario di prevenire la carie. Esistono dentifrici contenenti sostanze antibatteriche (triclosan) e antitartaro (pirofosfati).
Effetti e conseguenze di un uso non corretto dei dispositivi di rimozione meccanica della placca: esiste la possibilità di effetti nocivi dipendenti da tali pratiche di igiene orale. Lo spazzolamento può provocare danni sia ai tessuti duri sia a quelli molli. Il trauma ai tessuti molli provoca recessione gengivale, mentre quello ai tessuti duri conduce ad abrasione cervicale della superficie dentale. Tali lesioni sono in relazione con la rigidità dello spazzolino, con il metodo e con la frequenza di spazzolamento. L’abrasione cervicale dei denti viene tipicamente provocata da uno spazzolamento condotto con una pressione esagerata. Associata all’abrasione dei denti spesso si ha la recessione gengivale generalmente da imputare al metodo di spazzolamento (metodo di spazzolamento orizzontale). Anche l’impiego di filo interdentale, scovolini e stuzzicadenti può danneggiare i tessuti molli ma spesso si tratta di lesioni acute, come lacerazioni ed erosioni gengivali.
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